martedì 23 gennaio 2018

Maggiore età

Chi l'avrebbe mai detto, allora, che ci saremmo piaciuti.
Chi l'avrebbe mai detto che a parlare, e parlare, e parlare, saremmo diventati l'una il salvagente dell'altro, l'altro dell'una, in quello strano stagno melmoso che è l'adolescenza.
Chi l'avrebbe mai detto che a furia di calamitarci, avremmo reso possibile l'andare e il venire, lo stare nello stesso posto sempre per poco.
Chi l'avrebbe mai detto che saremmo cresciuti, che avremmo messo da parte i sogni e le ipotesi e avremmo cominciato a costruire, pezzo a pezzo, uno spazio e un tempo da vivere insieme.
Chi l'avrebbe mai detto che non ci sarebbe bastato mai il presente, che il bello dello stare sarebbe stato il proiettarsi in avanti, sempre con un progetto da realizzare, qualcosa a cui tendere.
Chi l'avrebbe mai detto che saremmo stati in grado di creare qualcuno che non c'era, e ora c'è, si muove e pretende di esserci, non può farne a meno, non ne potremmo più fare a meno.
Chi l'avrebbe mai detto che saremmo stati in grado di stracciare ogni schema, ogni abitudine, di piegarci e non spezzarci sotto il peso della stanchezza e del tempo che manca.
Chi l'avrebbe mai detto che le parole non sarebbero state sempre così necessarie, che ci sarebbe bastato il tempo di un respiro preso insieme, per sapere di sapere, per promettere e restare, per resistere e per vedere oltre, e scoprire la bellezza, insieme alla fatica.
Chi l'avrebbe mai detto che sarebbero passati questi anni, uno per uno, a sparigliare le carte in mille modi, e noi a trovarci sempre e comunque di fianco l'uno all'altra. Più è difficile, più siamo bravi.

Eppure.
Diciotto anni che ti so, che mi sai.
Non voglio nient'altro che questo. 

martedì 17 ottobre 2017

Cose belle #10

Sentirmi chiedere, in un messaggio: "Consigliami un libro".
Pensare alla persona che avanza la richiesta, al suo carattere, a ciò che ci accomuna e ci differenzia, alla sua età, ai suoi spigoli e ai suoi interessi.
Digitare con sicurezza: "Trilogia della città di K".
Leggere la risposta, immediata: "Sono alla quarta rilettura".
Sorridere, consapevoli del fatto che sono momenti come questo a rendere le distanze delle trascurabili inezie.


giovedì 8 giugno 2017

I Vorrei e i Grazie per

Fra i molti blog che seguo, che siano a tema 'maternità' (da un po' di tempo a questa parte) oppure no, ce n'è uno che mi è particolarmente caro ed è piuttosto famoso: il blog di Claudia De Lillo, alias Elastigirl. Il suo ultimo post si intitola 'Vorrei terapeutici' e dipana con la sua consueta ironica malinconia la lista dei desideri ingoiati con i quali ha a che fare in quanto mamma di tre figli maschi, e lavoratrice instancabile, e donna sempre alle prese con una vita che è un frullatore. Fra i commenti che ha ricevuto questo post, uno recita, all'incirca, 'vanno bene i vorrei, ma se ci si concentrasse anche sui 'grazie per', forse si vivrebbe meglio'.

Ho pensato a me, alla mia vita attuale, a quanto è diversa da quella di uno, due anni fa e mi sono detta che ho moltissimi 'vorrei' da parte, e forse altrettanti 'grazie per' che meritano di farsi strada nella mia quotidianità.

Quindi ecco, l'argomento non è originale, ma l'esercizio è, come dice Elastigirl, terapeutico.

Vorrei dormire otto ore di seguito e svegliarmi di mia sponte, possibilmente riposata.
Vorrei il freddo, adesso, e il gusto di farmi abbracciare dalle mie due personali stufette.
Vorrei il mio corpo indietro, non solo e non tanto con cinque chili in meno, ma con le sue naturali, riconoscibili risposte agli stimoli esterni, che non includano fuoriuscite di latte e capelli che cadono e ormoni che ballano.
Vorrei tornare al lavoro, e questo succederà presto, ma vorrei farlo senza lo spauracchio di un contesto che mi accoglierà con più problemi che altro.
Vorrei non temere la mancanza del pargolo, quando tornerò a lavoro.
Vorrei non desiderare almeno una volta ogni giorno di essere altrove.
Vorrei stare meno tempo da sola.
Vorrei la mia famiglia più vicina, per poter stare insieme a tutti e a ciascuno senza tempi stabiliti da partenze e arrivi e, quindi, senza dover concentrare tutto in poche ore, o giorni, per poi stare mesi senza.
Vorrei avere più soldi, per non dover pensare con preoccupazione a come far quadrare il bilancio familiare.
Vorrei guardare mio figlio sempre con entusiasmo e stupore, mai con noia o insofferenza.
Vorrei sapere più cose della vita dei miei amici e sentirmi indispensabile.

Ma grazie.
Grazie per la mia salute, perché sto bene, fatti salvi gli acciacchi.
Grazie per la fortuna che abbiamo avuto: desiderare un figlio e averlo dopo poco, senza difficoltà.
Grazie perché è sano come un pesce, ed è bellissimo.
Grazie per il consorte, perché pur attraversando la tormenta, in questi mesi, siamo sempre ancora noi e per la maggior parte del tempo solo noi, e ce la facciamo, siamo bravi.
Grazie perché c'è un lavoro che mi aspetta anche se ho un figlio, e di questi tempi non è affatto scontato.
Grazie per i sorrisi gratis, per le risate sottovoce alle dieci di sera, per gli abbracci quando li chiedo e anche quando non li chiedo.
Grazie per le persone che abbiamo intorno, per i legami che ci stringono insieme, per la facilità di ritrovarci nonostante le difficoltà di ognuno.
Grazie per la prospettiva sul futuro, che è spaventosa, ma anche stimolante, e porta con sé le tracce di vita nuova, comunque piena.
Grazie perché basta un attimo per ritrovare la mia famiglia, sempre la stessa, sempre imperfetta e accogliente, forse un po' invecchiata, ma comunque in grado di riadattarsi ai nuovi equilibri e ai nuovi arrivi, con l'amore negli occhi.

Grazie per tutti i miei vorrei, perché non mi accontento, perché mi servono i progetti e la visione sul domani per riconoscermi, anche un po' per lamentarmi, per riflettere e riflettermi, e per sapere dove trovarmi.

lunedì 22 maggio 2017

Inception - Mum edition

Quattro e quaranta del mattino, addormenti il pargolo al termine del solito tour tetta-fasciatoio-tetta-sorrisino notturno.
Ti addormenti pesantemente.
Sogni il tuo pargolo che, di notte, è sveglio e devi addormentarlo. Lo addormenti, ma lui si risveglia poco dopo perché vuole essere cambiato.
Ti risvegli e, realmente, il tuo pargolo è sveglio e vuole essere cambiato.

domenica 14 maggio 2017

Festa

C'è stato il tempo del silenzio, quello che ha permesso la ricostruzione della routine e dell'equilibrio.
C'è stato il tempo di mettere le tessere a posto, incastri cauti, dal profilo basso, sottotraccia.

C'è stato il tempo di tornare a godersi casa, e impegni, e nullafare.

C'è stato il tempo di avere un orizzonte, anzi no, qualcosa di simile a un baratro, ma meno apocalittico, forse più simile alla cima di una cascata, o al vertice superiore di un ottovolante.

C'è stato il tempo di cercare, di pensare e cercare, il tempo di immaginare.
Di sperare, e di disperare, quello no. Non c'è stato il tempo.

C'è stato un vortice che risucchia, una vertigine emozionale che fa girare la testa e formicolare le dita di mani e piedi.
C'è stata l'ineluttabilità di prendere coscienza che tutto cambia, che tutto stava cambiando, era già cambiato.

C'è stata l'ostinazione di mantenersi fedeli a sé stessi, nonostante i cambiamenti, visibili e invisibili. Di procrastinare il più possibile il momento in cui l'identità avrebbe dovuto fare i conti col nuovo, con l'esplosione.

C'è stata la paura, c'è stato l'entusiasmo, c'è stata la felicità, a pezzetti, a briciole, a bocconi.
Nel silenzio di casa nostra, a contare i passi ed i momenti prima di.
Prima che.

Arrivassi.

E no, non lo so scrivere.
Annulli la capacità di mettere ordine nella testa, non ne dai il tempo, non c'è spazio per la riflessione.
C'è solo l'attimo, il presente, l'adesso.
Ed è così pieno, così pervasivo.

Tu che sei nuovo,
sei perfetto,
sei nostro.

E ci sorridi, ti avvinghi, ti contorci. E piangi, ti ubriachi, dormi.
Fai ridere, fai piangere, fai stancare.

Sei l'orgoglio e la scommessa.
Ogni giorno, ogni ora diverso.
Ed io, sempre la stessa, sempre diversa.
Ancora zoppicante, incastrata a fatica.
Ma in equilibrio, su funi altissime.
Fiera di r-esistere, con te.
Per te.
Che mi regali questa posizione scomoda ed eletta, preziosissima.

Che vento, che vista che c'è.
Auguri a me.

sabato 31 ottobre 2015

Le cose che amo di Torino/Autunno

La sfacciataggine con cui la natura decide di fagocitare l'urbano, regalandomi colore e stupore.




venerdì 16 ottobre 2015

Come stai?

Come stai?
Come sto? Che domanda... Come sto... Dipende, ecco, dipende, oggi per dire 'no schifo, ieri 'no schifo un po' di meno, due giorni fa alla grande. Va così.

Come stai?
Sto in bilico, tanto per cambiare. Equilibri instabili, solita storia. Abituarcisi mai.
E' che forse c'ho il baricentro più alto, da un po', e tendo a caracollare più facilmente.

Come stai?
Bah... Che vuoi che ti dica. Da due mesi guardo dritto davanti a me, senza sbirciare i piedi, chi si ferma è perduto. O è caduto, peggio. Non è lecito cadere, non si può. Bisogna. Restare. In piedi. Pilastri. E sì, alla fine sono stata brava, alla fine mi sembra di aver resistito bene.
Ho fatto tutto da sola.
Che bambina grande.

Come stai?
Sì ma tu chi sei? Chi sei tu, che me lo stai chiedendo? No perché mi sa che sei solo una voce nella mia testa, sei solo un'eco della mia voce. Come sto? Tanto vale che me lo chieda direttamente da sola.
E' questo il problema. Chiederselo da soli. Darsi una risposta sufficiente, esaustiva. Capire cosa c'è che non va, rimpicciolire il problema fino a farlo scomparire, o forse solo fino a renderlo minimo abbastanza da nasconderlo dietro a qualche sinapsi. Razionalizzare e reagire. Razionalizzare e metabolizzare. Ti piacciono queste parole, eh? Passerà. Passerà tutto e tornerai come prima.

Come stai?
Che poi succede che qualcuno te lo chiede davvero, come stai? Ed è come essere un castello di carte in mezzo alle correnti d'aria. Succede che crolli e non te lo aspetti. Succede che crolli quando meno te lo aspetti. E basta un niente.
Non ero così, io non ero così. E allora come è possibile che adesso.. Davvero volete convincermi del fatto che non è indolore questo meccanismo? Che mostrarsi incrollabile ti rode dall'interno come le termiti? Che non posso dominare le mie reazioni emotive?

Come stai?
Magari starei meglio, se me l'avessero chiesto di più, come stai? Sono arrabbiata, arrabbiata col mondo. Magari starei meglio, sarei meno satura, più lucida, se non avessi dovuto fare tutto maledettamente da sola, se l'intuito degli altri fosse arrivato a capire che bastava chiedere, come stai? E magari ascoltare. Magari farmi parlare un po' di più.

Mi manca la sicurezza dei rapporti profondi.
Il poter dire: parliamo. Lo sfogo. La lentezza di farmi ascoltare. E mi manca anche il racconto degli altri, le confidenze. Che sono qui. Parlatemi. Sono qui.
Dov'è che sbaglio?
E' il tempo?
E' il mio carattere? Sembro spocchiosa? Sarcastica? Superiore? Cosa?
Fatemi capire.
E capitemi, maledizione.