lunedì 21 giugno 2010

Saramago che muore

Succede, quando un punto fermo vacilla, di scoprire dispiaceri che non ti aspettavi potessero esistere. E' morto Saramago e a me è successo. Che c'entra, direte voi, le opere di uno scrittore gli sopravvivono, è quello che conta, in fondo. Ed è giusto, è vero: quel volto di vecchio, per una banalità associato al suo nome da Nobel, a me non diceva nulla e il contatto (puro, profondo) è stato con le sue parole, con i suoi libri. La crepa è una: che fra i pochi scrittori, intellettuali, pensatori, artisti che mi hanno indicato la strada, Josè Saramago era forse l'unico in vita. E il gusto di comprare un suo libro appena uscito a scatola chiusa, certa della bellezza che avrei trovto al suo interno, quel gusto non lo proverò più. Come non l'ho provato per Calvino, che è morto pochi mesi prima che io nascessi; o per Pirandello, che vabbè, sta nei libri di scuola. L'invidia per chi c'era mentre queste persone accadevano è sempre stata un dettaglio sussurrato.
E poi quest'intervento è intruso, arriva a giorni di distanza dalla notizia della morte, quando il web non potevo frequentarlo, e adesso che trovo lo spazio per dire questa mia, non ho i suoi romanzi dietro, non posso citarlo, e rischio di ripetere la retorica di altri (più grandi) sperticati nelle lodi.
Ma, che volete, lo faccio per me, con presunzione. E con l'orgoglio di aver potuto condividere un pezzo di tempo con un uomo inestimabile.

venerdì 11 giugno 2010

Vivere per addizione

«A volte ho cercato di discutere con alcuni di questi signori e, a parte i limiti culturali e l'estremo egoismo che coglievo nella loro visione del mondo, ne ho ricavato l'impressione che non avessero mai fatto un vero salto al di là del confine, se non probabilmente a occhi chiusi. Perché chi fa questo salto a occhi aperti si accorge di diventare in un attimo l'altro dell'altro. E forse al ritorno entro i propri confini guarda l'altro, il presunto usurpatore, in una nuova luce e magari cerca il contatto, il confronto. [...] Lo so: ho lanciato una pallina di gomma contro un muro, indicando una strada difficile da percorrere. [...]
Ma ora non posso e non voglio più tornare indietro. Voglio vivere per addizione, miei cari, senza dover scegliere per forza tra Nord e Sud, tra lingua del cuore e lingua del pane, tra me e me. Sono stufo delle risposte di campanile o di opportunità, risposte ipocrite, bugiarde, come quando da bambino ti chiedevano: "Vuoi più bene a mamma o a papà?", e tu stavi imbambolato, non capivi la domanda, e gli adulti idioti insistevano: "A chi vuoi più bene, parla, gioia mia". A tutt'e due, pensavi tu, ma stavi muto per paura di sbagliare. E pure a mia sorella e ai nonni, agli zii e ai miei amici. A tutti.»
Carmine Abate.

sabato 5 giugno 2010

Matematica

1+1 = 2
1+1 = 1
2-1 = 1
2-1 = 0
0+1 = 0

Mi sono capita da sola, ma va bene così.

martedì 1 giugno 2010

Non leggete questo libro

Non mi capita spesso di trovare un libro sinceramente brutto: c'è sempre un pagina, un periodo, un aggettivo, qualcosa che comunque mi fa pensare "valeva la pena di leggerlo", ma no: "Quando Teresa si arrabbiò con Dio" è un libro di cui non si può salvare proprio nulla.
La storia è banale: una saga familiare in cui si raccontano, membro per membro le storie dell'albero genealogico i cui rami tendono al centro, sul narratore-autore Alejandro Jodorowsky.
Lo stile è, nell'ordine, presuntuoso e inutilmente volgare. La pretesa di sembrare notevoli, o peggio sinceri, descrivendo (per dire) i dettagli di una putrefazione e riconducendo tutto - tutto! - al sesso animale è se non altro ingenua, oltre che fastidiosa. In più credo che al fondo ci siano dei seri traumi, visto che non c'è una donna, fra le mille che attraversano il romanzo, che sia capace di qualcosa di meno di un orgasmo cosmico, da far tremare i vetri.
La perla: l'intera storia è pervasa di cultura (ma è davvero questa?) ebraica: citazioni della Torah, usi e costumi del ghetto, diaspore e tutto il repertorio. Noioso, e poteva non esserlo.
E dunque, me lo sono trascinato per quasi un mese 'sto libraccio, rinunciando al pur sacro Diritto di lasciare a metà.
E dire che era sullo scaffale in attesa da (!) 10 anni...