venerdì 11 febbraio 2011

Le cose che amo di Torino/Piazza Castello in bici

Andare in bici è un gesto che ho scoperto stando qui. Le pendenze catanzaresi prima e l'assenza di piste ciclabili romane poi (leggi: i ciclisti a Roma sono aspiranti suicidi) me l'hanno impedito, e così la pedalata era rimasta ricordo sopito di tempi lontani: il giro nel villaggio al mare, le escursioni adolescenti, la domenica alternativa al parco, affittando il mezzo per un'ora sola.
A Torino, invece, la bici è quasi d'obbligo; è un paese per pedalatori, nonostante gli autoctoni continuino a lamentarsi (ma lo fanno per qualunque cosa!) dell'assenza di piste dedicate, e dello smog, e dei pericoli. Sarà, ma a me va bene così. Quindi bicicletto da un anno quasi, quando il tempo lo permette, e soprattutto sostituendo il pur amato tram numero 15 per andare in archivio. 5,2 km da casa a lì e altrettanti al ritorno (che è in salita). E, non lo nego, rotolare sull'asfalto su due ruote mi rende intollerante verso pedoni e automobilisti che spavaldamente fingono di non vederti, quindi mi attacco al campanello imbarbarita per farmi strada dall'inizio del percorso fino alla fine.
No, quasi fino alla fine.
Perché gli ultimi cento metri, dalla fine di via Garibaldi alla porta dell'archivio, mi offrono ogni giorno 15 secondi di cuore allargato. Questo spazio finale, percorso alle 2 e mezza del giorno, con la luce giusta e le poche persone intorno, col silenzio interrotto solo dal rumore del mio stesso veicolo, mi si concede così:



E mi piace, Torino che mi accoglie.

3 commenti:

  1. Sono nato in una grande città. Nella città, direi. Sono nato dove l’odore del presente è intriso di tutta la sua storia. Sono nato dove lo spazio è sagomato dal cemento – spesso di bassa fattura per giunta – e il tempo è scandito dai clacson e dalle code.
    Sono nato a Roma.
    Ma ora non vivo dove sono nato. Ora vivo in una piccola città. Un paese, direi. Cammino su strade fiancheggiate da vigne e incorniciate da alte montagne. Oltre allo studio, cerco la terra, quando posso. Vendemmiare, preparare i sarmenti per l’inverno a venire, cucinare con la fornace a legna: così mi sento più parte del mio passato e più vicino a coloro che mi hanno preceduto.
    A volte torno dove sono nato. Accade abbastanza spesso. Ma Roma è diversa ora. È più bella, perché appare come una creatura umana, infinita e limita. In essa porto il mio essere oggi, per renderlo uno con la mia terra natale.

    Simone

    Cercando notizie sui miei vecchi amici dell'università (come stanno? che fanno? quali sentieri hanno stanno percorrendo? e simili) ho trovato il tuo blog e mi sono messo a leggere. Allora, preso dalla situazione, ho pensato di inserire un post (magari sono stato un po' invadente, ma ho preferito rischiare). Volevo condividere questo piccolo pensiero e poi volevo sapere come va la vita.

    Vale,
    Simone

    (se hai voglia, mi puoi scrivere a simonesulpi@tiscali.it)


    P.s.: Il post non è un commento al brano da te scritto, ma non ho trovato altro modo di lasciare un pensiero che questo :)

    RispondiElimina
  2. confermo: pedalare a Torino è come lanciare in aria risme di pensieri e vederle ricadere in ordine sparso.

    RispondiElimina